Tra i diversi interventi d’urgenza imposti a seguito del dilagare dell’epidemia da COVID-19 (detto comunemente “Coronavirus”) vi sono provvedimenti normativi che incidono fortemente sul mondo del lavoro, sia pubblico che privato, il Decreto Legge n. 6/2020 (il Decreto-Legge) e due Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM), rispettivamente in data 23 e 25 febbraio 2020, attuativi del Decreto-Legge.
Decreto Presidente del Consiglio dei Ministri 25 febbraio 2020 – G.U. 25 febbraio 2020, n. 47
Il primo DPCM ha introdotto – all’articolo 3 – l’applicazione automatica della modalità di lavoro agile (smart-working), anche in assenza di accordi individuali ma sempre nel rispetto della legge 22 maggio 2017 n.81, ad ogni rapporto di lavoro subordinato “nell’ambito di aree considerate a rischio e nelle situazioni di emergenza nazionale o locale”. In aggiunta, il secondo DPCM, pubblicato in Gazzetta Ufficiale in data 25 febbraio 2020, ha poi esteso – all’articolo 2 – l’ambito geografico di applicazione dello smart-working a sei regioni italiane e, in particolare, ad Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte, Veneto e Liguria ovvero quelle che, stando alle notizie degli ultimi concitati giorni, sarebbero le più colpite dal virus. I citati ambiti territoriali di applicazione sono stati poi estesi all’intero ambito territoriale nazionale, in ragione del fatto che ormai l’Ialia intera è considerata “area protetta”.
Tale modalità di lavoro agile sarà applicabile, in via automatica, fino al 15 marzo 2020 e, secondo una comunicazione del 24 febbraio 2020 del Ministero del Lavoro, l’accordo individuale sarebbe sostituito da un’autocertificazione, in cui viene attestato che lo smart-working si applica nei confronti di un soggetto appartenente a una delle aree a rischio.
Attualmente dunque esiste un implicito obbligo a carico del datore ad accordare lo smart-working il quale, tuttavia, ha la facoltà di rifiutarlo, laddove, per esempio, questo non sia applicabile per la tipologia di mansioni svolte dal dipendente.
I nuovi provvedimenti legislativi vanno sicuramente letti alla luce dell’articolo 2087 c.c. (che richiede al datore di adottare “le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”), nonché alle disposizioni del D.Lgs. 81/2008, che prevede in capo al datore di lavoro l’obbligo di tutela del lavoratore da rischi connessi al rapporto di lavoro, ivi incluso il rischio biologico.
Tuttavia, le misure emergenziali adottate in questo preciso momento rappresentano nuovi strumenti a disposizione di tutti i datori di lavoro e, pertanto, andrebbero adeguatamente favorite e rispettate, nei limiti – comunque – della tipologia di lavoro richiesto al dipendente e compatibilmente con le tecnologie adottate da ciascuna impresa. Inoltre, a nostro avviso, l’interpretazione dell’articolo 2087 c.c. non può essere dilatata fino a comprendervi ogni ipotesi di danno, semplicemente sull’assunto che il rischio non si sarebbe verificato in presenza di ulteriori accorgimenti. In ogni caso, il lavoratore che volesse dimostrare di aver contratto il coronavirus per essersi recato a lavoro (per non aver avuto la possibilità di lavorare da remoto), comunque avrebbe l’onere di provare di aver contratto la malattia a lavoro o sul tragitto da/per casa, il che appare davvero arduo, considerando i rischi di contagio a cui tutti sembrano essere esposti quotidianamente.
Un ulteriore aspetto – sempre connesso alle svariate casistiche che, in queste settimane, si possono presentare nella gestione dei rapporti di lavoro – riguarda la possibilità per il datore di lavoro di considerare come ingiustificata l’assenza del dipendente dal luogo di lavoro per il semplice timore di contrarre il virus (quindi senza aver contratto la malattia o essere stato posto in quarantena da ordini delle autorità).
A tal riguardo, un recente approfondimento della Fondazione Studi Consulenti del lavoro – diffuso in data 24 febbraio 2020 – ha chiarito, infatti, che in assenza di specifici ordini dell’autorità il fenomeno dell’epidemia non è sufficiente a giustificare – di per sé – la malattia. Tale comunicazione ha inoltre ricordato che – come noto – l’assenza ingiustificata dal luogo di lavoro, se reiterata, può giungere a comportare il licenziamento del dipendente.
Come ogni provvedimento disciplinare, il licenziamento per assenza ingiustificata deve essere proporzionato alla condotta del lavoratore e alla situazione concreta. Inoltre, è possibile che i contratti collettivi disciplinino il limite temporale entro cui l’assenza del dipendente sia tollerata, nonché i conseguenti provvedimenti disciplinari in caso di superamento del predetto limite.
Pertanto, qualora – per esempio – il dipendente si astenesse per più giorni dal lavoro sulla base del semplice timore di contrarre il virus, è lecito che il datore di lavoro valuti tale condotta e adotti i relativi provvedimenti, in conformità alle disposizioni di legge e del contratto collettivo eventualmente applicabile.
In ogni caso, data la particolarità della situazione, prima di prendere decisioni drastiche, è comunque consigliabile che ogni datore di lavoro valuti, in concreto, il singolo rapporto di lavoro (come, per esempio, il luogo di residenza, il numero di giorni di assenza, le condizioni fisiche e/o di salute, le eventuali motivazioni addotte dal dipendente, le mansioni svolte, ecc.) e consideri, di conseguenza, eventuali misure alternative – se applicabili – come per esempio l’aspettativa retribuita o, riprendendo quanto esposto sopra, le modalità di smart-working, messe al momento a disposizione dall’ordinamento.
Marketing col Cuore, indipendentemente dall’attuale situazione di emergenza legata al diffondersi del virus, sta potenziando la propria dotazione tecnica per assicurare ai propri collaboratori la possibilità di lavorare in piena sicurezza sia presso la propria sede operativa che da casa, per questo non ha interrotto la sua attività gestionale e formativa, assicurando ai clienti assistenza continuativa anche in un momento davvero difficile per tutti.
Siamo certi che questa sia la strada migliore per ottenere risultati utili alle aziende, ai professionisti ed a coloro che stanno svolgendo importanti percorsi formativi, tesi alla crescita individuale e/o d’impresa. Nel contempo, siamo perfettamente consapevoli che i sacrifici imposti dalla normativa contingente per mitigare la diffusione del coronavirus siano un ottimo banco di prova per dimostrare concretamente la capacità professionale, tecnica e personali di tutti gli operatori marketing che, come noi, hanno a cuore il bene del Paese, del suo tessuto produttivo e dei suoi talenti. Bisogna lavorare per il bene di tutti e per la salute di ciascuno.
Riportiamo qui sotto due link utili per comprendere ciò che le Istituzioni stanno concretamente facendo per fronteggiare la crisi economica e sociale che stiamo vivendo: uno – tratto dalla cronaca de “Il Corriere della Sera” – contenente il Decreto Legge “Cura Italia”, “recante misure di potenziamento del servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 17/03/2020; l’altro – pubblicato sul sito del Ministero della Salute – contenente, nel dettagio, le misure di sicurezza, concordate oggi con le parti sociali, in favore dei lavoratori.
In entrabi il “lavoro agile” rappresenta sicuramente il cardine del “Sistema lavoro” attualmente richiesto a livello normativo, e non solo, per sconfiggere il Coronavirus:
INSIEME CE LA FAREMO!
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